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venerdì 13 agosto 2010

"Il Giornale" pubblica le carte sulla casa a Montecarlo

Domani ci sarà, a dire de Il Giornale un evento che non ha pari al mondo, la pubblicazione delle carte sulla casa acquistata da An a Montecarlo. Il quotidiano ha già dedicato ben 6 pagine del suo cartaceo alla vicenda che vede in primo piano Gianfranco Fini. Molti italiani sono in attesa del verdetto! Pensare che il modulo per le adesioni è arrivato a 50mila firme ( sempre secondo cià che cita Il Giornale ). Pubblico questo post perchè si tratta di una notizia italiana, ma sinceramente non riesco a comprendere l'accanimento del quotidiano.

Vediamo uno spezzone di storia de Il Giornale.
Durante gli anni del pentapartito (1981-1992), "Il Giornale" decise di non sostenere la DC di Ciriaco De Mita, né appoggiò Bettino Craxi. La formula di "quotidiano controcorrente" ne soffrì: siccome Montanelli esitò a prendere posizione, le vendite calarono. Il periodo di calo delle vendite si tradusse nella possibilità per Silvio Berlusconi di diventare l'azionista detentore della maggioranza assoluta delle quote sociali, e dunque il proprietario.
Nel 1990 entrò in vigore una nuova legge su televisioni e giornali (legge Mammì), che introduceva la proibizione per chi detenesse la proprietà di un canale televisivo di avere contemporaneamente il controllo di un quotidiano. Silvio Berlusconi proprietario delle tre reti fininvest, fu obbligato a cedere la maggioranza delle azioni della al fratello Paolo Berlusconi, rimanendo azionista con una quota del 29%.
Nello stesso periodo le vendite del quotidiano scesero per la prima volta dopo anni sotto le 150.000 copie.[24] Con lo scandalo di Tangentopoli, che esplose tra il 1992 ed il 1993, Montanelli scelse una linea precisa: ritagliò per sé il ruolo di arbitro, di garante delle regole.[25] Ma non tutti i lettori capirono questa scelta. Per la prima volta la borghesia lombarda, da sempre il lettorato forte del quotidiano, stentò a riconoscere in lui un punto di riferimento. Anche i rapporti personali con Silvio Berlusconi si incrinarono.
Quando nel 1994, Berlusconi fondò Forza Italia, l'ex editore, che fino ad allora non aveva mai messo piede in redazione, si recò per la prima volta a un'assemblea della redazione del quotidiano. Ai redattori chiese esplicitamente l'appoggio del "Giornale" per la sua parte politica durante la campagna elettorale. Per Montanelli, che in tanti anni di direzione aveva abilmente scansato le pressioni del gruppo editoriale Berlusconi, fu un duro colpo alla propria indipendenza. Montanelli trasse la conclusione che il quotidiano da lui fondato si apprestava a diventare un giornale di partito. Si dimise affermando che si era verificata una rottura insanabile con la proprietà. Il 12 gennaio 1994, pubblicò il suo editoriale d'addio.
Montanelli uscì portandosi con sé quaranta giornalisti della redazione, fra questi i vicedirettori Federico Orlando e Michele Sarcina, gli intellettuali Geno Pampaloni e Nicola Matteucci, e fondò La Voce, cui impresse una linea sul solco della tradizione liberale. Ma ancora una volta Montanelli si tenne a distanza dall'agorà politica, non esprimendo una preferenza né per la formazione politica guidata da Berlusconi (denunciandola come priva di connotati democratici e additandone il capo come una possibile sciagura per il Paese), né tantomeno per la coalizione avversa.

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